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Rivista online del Cepros Asti - OdV

Redazione: Palazzo Ottolenghi, C.Vittorio Alfieri, 350, 14100 , Asti.

Reg. Tribunale di Asti n. 1373/14 del 20 Ottobre 2014 Direttore Responsabile: Alessia Conti
Indice
PDB. Amico e maestro Debbo molto a Paolo De Benedetti, grande amico e maestro straordinario, non solo di editoria. E anche conforto nel mio stare sempre sulla soglia della fede: credente ateo, mi piacerebbe varcare quel confine, in una direzione o nell’altra. Indirettamente, senza forzature, l’interpretazione che De Benedetti ha dato della kenosis, qui e altrove, aiuta a sopportare le mie contraddizioni. L’incarnazione secolarizza e allontana gli dei, compreso quello, spesso tremendo e prepotente, dell’Antico Testamento. La “debolezza” di Dio, la sua voce di “silenzio sottile” così acutamente interpretata da De Benedetti commentando la rivelazione di Dio a Elia nel I Libro dei Re, 19,12-13, è stata rivalutata solo in tempi recenti, dopo gli orrori degli stermini novecenteschi. Così come, per restare nelle straordinarie, funamboliche esegesi di De Benedetti, il “Consolatemi, consolatemi, popolo mio” di Isaia 40, 1 che, in questa versione, diventa una richiesta d’aiuto all’uomo da parte di Dio anziché un appello a consolare l’uomo. Non è più il grido della creatura che sale a Dio, ma il contrario. Allora, seguendo De Benedetti, l’incarnazione divinizza, se così si può dire, il mondo. Non siamo lontani dallo spinoziano Deus vive natura. Scompaiono gli dei, ma anche i monoteismi in lotta reciproca, e i dogmi e le guerre di religione. Per De Benedetti, che era diventato vegetariano, voleva gli animali in paradiso e ha scritto pagine stupende sul filo d’erba strappato della novella pirandelliana Canta l’epistola, il frutto prezioso dell’incarnazione è, dovrebbe essere, la pietas per tutto ciò che esiste. La solidarietà, l’apertura al mondo, la partecipazione e la condivisione delle sofferenze, troppe, immani, che gridano a un cielo rimasto vuoto. Gianandrea Piccioli